Un sistema da 11 miliardi di valore della produzione e con 238 player attivi nella raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani e della selezione/valorizzazione dei materiali. Questo il mondo del waste management italiano analizzato dal
WAS, il Think Tank italiano formato dalle principali multiutilities, ideato da
Althesys Strategic Consultants e che annovera
Nestlé quale unica azienda del largo consumo. Il dinamismo del settore è testimoniato dalla crescita dimensionale con l'ampliamento della dotazione impiantistica quale obiettivo principale. Questo sviluppo è volto ad incrementare la capacità di chiusura del ciclo dei rifiuti, sulla spinta degli obiettivi europei sulla circular economy.
Proseguono inoltre le misure di razionalizzazione ed efficientamento da parte di molti gruppi al fine di snellire i processi interni e creare sinergie intra gruppo. Non bisogna poi dimenticare la digitalizzazione dei processi, ad esempio sviluppando sistemi avanzati di
IoT per tracciare e quindi ottimizzare la gestione di automezzi e materiali. Da non trascurare infine le numerose proposte per introdurre sistemi tariffari più aderenti al principio "chi inquina paga", definendo misure incentivanti per i cittadini, in grado di generare benefici economici, sociali ed ambientali in ottica di sostenibilità.
"La sfida che il settore si trova ad affrontare è quella della chiusura del ciclo: le filiere di alcuni materiali – carta, vetro, metalli – sono storicamente caratterizzate in questo senso, con i prodotti a fine vita reimmessi nel processo produttivo come materie prime seconde. Settori come quello della plastica sono invece più problematici, richiedono soluzioni sistemiche e innovazione tecnologica" ha dichiarato
Alessandro Marangoni, CEO di Althesys.
Dalle quote per il contenuto di materiali riciclati nei nuovi prodotti con annesso sistema premiante per le aziende (come succede in Francia), al progresso tecnologico che va nella direzione delle bioplastiche – dove la maggiore criticità risiede nella mancanza di norme chiare e univoche sia in relazione ai contenuti biologici sia alla biodegradabilità – fino all'eco-design,
si tratta infatti di trovare soluzioni complementari e sinergiche.
Nestlé sotto questo profilo rappresenta un punto di riferimento di questo approccio olistico e integrato, lavorando a monte e a valle della filiera.
Nel 2018, in Italia ha avviato al riciclo, al riuso o al compostaggio il 100% dei rifiuti prodotti nei siti produttivi nell'ambito del piano
Zero Waste for Disposal – grazie ad una attenta selezione alla raccolta ed alla ottimizzazione della filiera. Soprattutto, Nestlé sta lavorando a monte della catena del valore:
tra il 2020 e il 2025 l'azienda eliminerà infatti tutte le plastiche utilizzate per il confezionamento dei prodotti che non si possono riciclare o risultano difficili da trattare.
Il fulcro di questa spinta è fornito dalla ricerca, di base ed applicata.La creazione del
Nestlé Institute of Packaging Sciences ha, infatti, l'obiettivo di sviluppare nuovi materiali e soluzioni per la creazione di confezioni sostenibili. Sono allo studio nuovi materiali derivati dalla carta e polimeri biodegradabili/compostabili che siano anche riciclabili.Viene incentivato anche l'utilizzo di
rPET (ossia il PET riciclato): per le bottiglie delle acque Nestlé, esso raggiungerà il 35% entro il 2025 a livello mondiale - addirittura il 50% negli Stati Uniti.
"Il recupero della plastica da imballaggio richiede soluzioni sinergiche e non esiste una unica ricetta: bisogna infatti pensare a modelli integrati che diano risposte di ampio respiro utilizzando tutte le possibilità a nostra disposizione" ha concluso
Marco Toppano, Direttore Operations del Gruppo Nestlé in Italia. "Non solo: dobbiamo anche essere creativi e investire ancora di più in ricerca per trovare soluzione innovative attraverso per esempio la creazione di nuovi materiali senza dimenticare di lavorare sul design e sull'ottimizzazione di quelli esistenti".
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