Blocco degli incentivi al fotovoltaico: a Milano si accende il dibattito. Critiche di produttori e investitori alla decisione del Governo. Ma non tutti vedono nero. "
Sviluppo del settore inevitabile".Dibattito (acceso) a senso unico a Palazzo Mezzanotte a Milano, nell'ambito del convegno organizzato dal Gestore dei servizi energetici (Gse) e dalla Borsa italiana sulle opportunità d'investimento nelle fonti di energia rinnovabili nel nostro Paese. A senso unico perché mancava (e non pochi dei presenti hanno stigmatizzato il fatto) almeno un esponente del Governo.
Oggetto del dibattito, naturalmente, il decreto sulle rinnovabili appena firmato dal Presidente Napolitano che blocca, a partire dal prossimo 31 maggio, gli incentivi del terzo Conto energia (anziché lasciarli in vigore fino a tutto il 2013), "un decreto – ha detto Nino Tronchetti Provera, amministratore delegato di Ambienta Capital - cambiato ventidue volte nelle ultime cinquantadue ore".
La soluzione, secondo Tronchetti Provera, starebbe in un tavolo di quattro o cinque esperti a pianificare finalmente una politica energetica d'ampio respiro per l'Italia, identificando un mix di fonti su cui puntare con regole chiare e stabili nel tempo.
Un tavolo per la verità c'è già stato, che ha visto coinvolti Governo e associazioni delle rinnovabili: l'esito è stato però decisamente diverso da quello che tutti si aspettavano, come ha riconosciuto Michele Appendino, amministratore delegato di Solar Ventures. E un altro tavolo lo sta proponendo il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo: in venti giorni, a suo dire, si potrebbe definire un nuovo schema d'incentivi, come riportano alcune agenzie. Bisogna evitare, secondo il ministro, la speculazione di chi realizza impianti di grandi dimensioni per vendere elettricità approfittando dei generosi incentivi. Si può benissimo stabilire un obiettivo ambizioso al 2020 ma con un tetto annuale di potenza di energia da fonti rinnovabili, ha detto la Prestigiacomo, e anche con un sistema d'incentivi proporzionato al costo della tecnologia.
Gli operatori sono tutti d'accordo che
bisogna diminuire le tariffe "feed-in" del fotovoltaico, un provvedimento che andrebbe nel solco di quanto già fatto in Germania, per esempio. Stando attenti, però, a
non prendere decisioni con effetti retroattivi, che equivarrebbe a cambiare le regole del gioco a partita già iniziata – ovvero, a piani di investimenti già decisi e soldi in parte già spesi dalle aziende. Molte decisioni d'investimento, infatti, sono state prese secondo condizioni (il terzo Conto energia) che sarebbero dovute rimanere in vigore fino al 2013.
Critiche sono state avanzate anche riguardo i tempi operativi di alcuni degli attori, ENEL in paticolare. "Abbiamo un paio di mesi per collegare gli impianti alla rete, ma l'Enel mediamente impiega quattro mesi per gli allacciamenti: c'è qualcosa che non torna", secondo Appendino. Per l'amministratore delegato di Solar Ventures, sarebbero dieci miliardi di euro i capitali congelati dal decreto del Governo, perché le banche si rifiutano di erogare i prestiti e i cantieri si stanno fermando.
In una situazione così confusa, e con nuvole nere all'orizzonte, qualcuno sta già meditando l'abbandono, o per lo meno la revisione dei piani industriali. Come la giapponese Sharp che, ha detto Luisa Todini, presidente della Fiec (Federazione imprese europee delle costruzioni) e di Ecos Energia, ha deciso di rinviare l'investimento da 200 milioni di euro per 800 posti di lavoro nella fabbrica di Catania, che dovrà produrre pannelli solari in joint venture con Enel Green Power e STMicroelectronics. Roberto Deambrogio, responsabile dell'area Italia/Europa di Enel Green Power, ostenta tranquillità al proposito, evidenziando che la fabbrica è nata per servire un mercato più ampio di quello nostrano e che bisogna vedere "se ci sarà effettivamente un tracollo del fotovoltaico in Italia".
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