La rimozione della CO2 dall'atmosfera rappresenta una delle strade più efficaci per riuscire a ridurre l'eccesso di gas serra. Collegati alle varie opzioni carbon-negative ci sono, però, alcuni
effetti collaterali da tenere in considerazione. Ad averli messi in luce sono alcuni recenti studi che hanno voluto indagare in dettaglio i contraccolpi delle emissioni negative.
BECCS, la competizione con le colture alimentariIl primo studio si è concentro principalmente sull’opzione BECCS (Bioenergy with carbon capture and storage), una soluzione che si articola nella coltivazione di biocarburanti, nella loro combustione per la generazione di elettricità, nella cattura della CO2 scaricata dalle centrali elettriche e nel suo relativo stoccaggio (presumibilmente nel sottosuolo). Il valore aggiunto dato dalla generazione di elettricità rende questa opzione molto più economica rispetto ad altri metodi in grado di estrarre la stessa quantità di CO2 dall'aria. Per questo, molti scenari di riscaldamento globale tra l'1,5°e i 2° C si basano sull’opzione BECCS, nonostante alcuni suoi impatti negativi.
Innanzitutto, la potenziale competizione per la terra con le colture alimentari e le foreste. In particolare, lo studio ha calcolato la terra necessaria per le colture per poi elaborare i numeri potenziali della soluzione BECCS. I ricercatori si sono concentrati soprattutto su colture come la canna da zucchero o piante legnose a crescita rapida come il pioppo e hanno ipotizzato che il carbonio presente nei terreni convertiti fosse perso fin dall'inizio (per esempio, bruciato). Hanno, poi, esaminato i numeri di BECCS e combustibili liquidi come biodiesel o etanolo, per i quali gran parte della CO2 risultante viene rilasciata nell'aria e non catturata. La conclusione è stata che liberare terre destinate a raccolto può creare un grande "debito" di carbonio da compensare prima che qualsiasi sforzo possa arrivare a offrire benefici in termini climatici. Ovviamente, più il raccolto di biocarburanti è produttivo, prima potrà compensare quel debito. Ma questo significa che i risultati variano notevolmente in base alle zone. Secondo lo studio, in un arco temporale di 80 anni la maggior parte delle aree può sicuramente arrivare a realizzare un ‘credito’ nello stoccaggio del carbonio con l’opzione BECCS. Ma nei primi 30 anni, un buon numero di aree non è in grado di compensare affatto il debito iniziale.
La domanda, quindi, è: limitandosi solo alle zone più adatte, l’opzione BECCS può catturare tutto il carbonio necessario per uno scenario di riscaldamento globale a 1,5° C? Secondo lo studio, non del tutto, anche se si avvicina molto al risultato. Va, però, considerato che lo sforzo necessario sarebbe enorme.
Entro il 2100, le colture di biocarburanti dovrebbero occupare, infatti, il 5-16% della superficie terrestre.
Biocarburanti o riforestazioneIl secondo studio si è focalizzato sulla produzione di biocarburanti liquidi, utilizzando una modellazione dell'ecosistema basata su diversi studi di siti ubicati negli Stati Uniti orientali. L'obiettivo era quello di andare oltre le stime generiche e vedere esattamente dove si andrebbe a concentrare il carbonio dei terreni coltivati per biocarburanti, tenendo conto dei processi del suolo e dei processi di produzione dei biocarburanti. La domanda che lo studio si è posto è stata semplice: il contributo di quella stessa terra sulla riduzione del carbonio non può essere maggiore se venisse riforestata?
Lo scenario si è basato sull’erba panìco verga coltivata per l'etanolo o il biocarburante per un periodo di 70 anni e sulla conversione della vegetazione iniziale per produrre energia. Sono stati ipotizzati anche scenari con altre colture e processi ottimizzati per la produzione di combustibile, catturando il carbonio emesso durante la sua produzione. In conclusione, l
o studio ha rilevato come l'utilizzo di terreni coltivati o ex pascoli offra un vantaggio molto più evidente in termini di carbonio se convertito in foresta rispetto a campi da destinare alla coltura di panìco verga. Tuttavia,
emerge anche che l’introduzione di alcuni miglioramenti in questo tipo di raccolti e nell'efficienza della produzione di biocarburanti può arrivare addirittura a superare gli effetti del rimboschimento nella mitigazione climatica. l che lascia ancora aperte prospettive interessanti.
DAC, costi ancora troppo altiIl terzo studio ha preso, infine, in considerazione una tecnologia completamente diversa: la cattura diretta dall’aria (DAC) di CO2, che poi può essere immagazzinata sottoterra. Diverse aziende hanno progetti avanzati in merito a questo processo e hanno persino costruito impianti pilota. Questo non vuol dire che l’opzione DAC non abbia aspetti negativi.
Innanzitutto, è ancora piuttosto costosa e anche se non implica un uso intensivo del terreno, richiede comunque un uso intensivo di energia. Lo studio ha, poi, esaminato l’obiettivo di riscaldamento a 1,5° C attraverso l’opzione BECCS e l'espansione delle foreste, confrontando l'impatto di queste due soluzioni con l'utilizzo della Direct air capture. I risultati hanno evidenziano come l’opzione BECCS provochi aumenti piuttosto pesanti nei prezzi delle colture di base, in particolare nel sud del mondo. La Direct air capture non ha questo impatto, ma l'impiego d'acqua nei due scenari è molto simile. Va calcolato, infatti, che il calore dei processi DAC è pari a due terzi o più di quello attualmente generato nella produzione di gas naturale.
Ciò nonostante, l’opzione della cattura diretta dall’aria può svolgere, comunque, un ruolo sostanziale nella riduzione di anidride carbonica presente nell’atmosfera. Si stima, infatti, che
entro il 2035 possa rimuovere il 7% delle emissioni odierne di CO2.A livello generale i risultati di questi studi sono utili per ricordare a tutti l'importanza di mettere da subito in atto iniziative per ridurre le emissioni. Così che sarà meno urgente ricorrere a soluzioni di rimozione del carbonio dall’atmosfera, con tutte le loro inevitabili conseguenze.
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