Riparare, riciclare e rivendere i prodotti di elettronica di consumo e del fashion consentirebbe di abbassare concretamente le emissioni di gas serra. DHL offre il suo supporto per supportare la transizione verso un'economia circolare.
Redazione ImpresaGreen
Contribuendo a chiudere il ciclo della supply chain, la logistica può supportare attivamente le industrie di beni di consumo nel contenimento delle emissioni e nelle altre sfide ambientali a cui sono chiamate a dare il proprio contributo. Ne è convinto il colosso della logistica DHL Global Forwarding, che ha approfondito il tema nel nuovo report Delivering on Circularity in cui focalizza cinque passaggi chiave e due settori focus. I passaggi sono stati riassunti nelle 5R: Ridurre, Riparare, Rivendere, Rinnovare e Riciclare. I settori verticali d’azione sono la moda e l'elettronica di consumo. Oltre ovviamente alle soluzioni logistiche.
Il contesto in cui si sviluppa il progetto di DHL è quello ben noto della necessità di salvaguardare l’ambiente azzerando le emissioni nette a livello globale entro il 2050, come previsto dal Cop26. Un obiettivo ambizioso che ogni Paese è tenuto a cercare di raggiungere, ma che non è realizzabile senza la collaborazione fattiva di vendor e consumatori.
Partendo da questo presupposto, la ricerca di DLH evidenzia che gli articoli di moda e di elettronica di consumo generano altissime emissioni nel ciclo produttivo e di smaltimento, a fronte di un utilizzo limitato nel tempo, o addirittura nullo. Riparando, riciclando e rivendendo i prodotti di questi due settori, DHL reputa che sarebbe possibile abbassare concretamente le emissioni riconducibili alle aziende produttrici. Se poi il ciclo includesse l’uso di imballaggi riciclati e non inquinanti, e il trasporto con mobilità elettrica, il contributo sarebbe determinante.
Ne è convinta Katja Busch, Chief Commercial Officer di DHL, che nel corso dell’evento stampa di presentazione del report ha sottolinea come "soluzioni logistiche innovative possono supportare questa transizione e facilitare una migliore gestione dei flussi di beni e dati: estendere il ciclo vitale dei prodotti, introdurre nuovi modelli di utilizzo o sviluppare nuove soluzioni per il riciclaggio può ottimizzare i volumi di produzione e lo sfruttamento di materie prime".
DHL ha attivato un investimento pari a 7 miliardi di euro da qui al 2030 destinati al programma GoGreen – Zero Emissions, per attivare soluzioni alternative e sostenibili per l’industria logistica. La convinzione è che la logistica sia possa assumere il ruolo di spina dorsale dell’economia circolare, cambiando il modo in cui i prodotti si muovono e gestendo in maniera più efficiente il flusso delle merci.
L’idea di base, almeno sulla carta, è piuttosto semplice: supportare l’internazionalizzazione e la movimentazione delle merci nel modo più sostenibile, lineare e trasparente possibile, in modo da ridurre al minimo l’inquinamento ambientale di questa fase.
DHL può predisporre procedure smart per il reso dei prodotti, mettere a disposizione imballaggi riutilizzabili e occuparsi della raccolta dei beni. Con tutti gli interventi del caso, e con la collaborazione di aziende e consumatori, il leader della logistica stima di poter attuare un meccanismo virtuoso di circular economy in grado di ridurre fino al 50% le emissioni di gas serra. Questo intervento da solo non basta: da qui la necessità di un cambio di paradigma nella mentalità di chi produce e di chi acquista, con una riprogettazione delle supply chain che favorisca un’economia circolare di fatto.
I primi candidati a cui DHL chiede di sostenere la circolarità sono i settori fashion ed elettronica di consumo. La scelta non è casuale: come detto, sono due dei settori che inquinano maggiormente. Per farsene un’idea, Delivering on Circularity sottolinea che circa il 20% degli indumenti prodotti non viene mai utilizzato. Molti sono fabbricati in cotone, che comporta un dispendio di acqua equivalente al 40% del consumo idrico annuale dei cittadini statunitensi.
Gli smartphone invece vengono mediamente cambiati dopo due o tre anni d’uso, e per produrli è necessario estrarre materiali rari, sfruttando una porzione di superficie terrestre pari a quella della Germania e della Svizzera insieme. In sostanza, la produzione di questi due settori merceologici comporta, da sola, l’emissione di oltre il 6% dei gas serra a livello globale.
Il tutto per ottenere prodotti che, nel migliore dei casi, vengono usati tre anni, nel peggiore dei casi mai, e che a fine vita vengono gettati in discarica, inquinando ancora di più. DHL ha calcolato che solo intervenendo sull’ultimo passaggio (i rifiuti da riciclare) si otterrebbero vantaggi notevoli per l’ambiente, perché l'80% delle emissioni di un articolo di queste due categorie avviene durante la produzione. La conclusione è che l’uso di prodotti rigenerati può ridurre le emissioni fino al 75% rispetto a quelli nuovi.
DHL ha dato un chiaro segnale: è pronta a supportare il percorso di circolarità delle aziende. Affinché l’opportunità venga sfruttata, tuttavia, occorre un cambio di mentalità da parte di tutti. Delle aziende produttrici, nell’incrementare le attività di riciclo, riparazione e rivendita dell’usato. E dei consumatori, che devono essere incentivati a chiedere e acquistare prodotti rigenerati, perché come sempre è la domanda a muovere il mercato. Il passaggio a comportamenti circolari dei consumatori è pertanto un fattore critico per una transizione di successo verso la circolarità.
Oltre alla domanda, serve ovviamente l’offerta: spetterà sempre ai consumatori adottare comportamenti atti ad alimentare il numero di beni che ritornano nel ciclo. Ossia avere l’abitudine di rivendere o restituire un prodotto non più usato, invece che cestinarlo. La circolarità comporterebbe vantaggi per tutti: l’industria può diversificare i portafogli di prodotti e servizi, facendo da traino per crescita e innovazione. I clienti possono risparmiare e accedere a prodotti ricondizionati che non potrebbero permettersi se fossero nuovi.
Un esempio virtuoso è quello di OnProcess Technology, che aiuta i clienti a ottimizzare le proprie supply chain dei servizi. In sostanza, si rivolge alla parte della catena di fornitura che offre servizi intorno a un prodotto, come ricambi, riparazioni e manutenzione. La sua sfida è cambiare il modus operandi lineare che finora ha alimentato l’economia: prendere, produrre, usare, buttare. Per chiudere il cerchio serve che produttori e venditori ridiano vita ai materiali di scarto per re innescare il ciclo dalla rivendita.
DHL ha identificato alcuni dei fattori chiave lungo la value chain che potrebbero accelerare la transizione dalle supply chain all’economia circolare: la produzione on-demand, i resi smart dei prodotti, l’uso di imballaggi riutilizzabili e non inquinanti, i concetti di riuso, raccolta e riciclaggio dei beni. L’azienda è consapevole del fatto che è complesso predisporre supply chain per la produzione on-demand o le fasi di riciclo, o gestire il massiccio flusso di dati, ma è un passaggio necessario per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità ambientale che i Paesi si sono posti.
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