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Report su Moda e Sostenibilità: l’89% delle prese italiane investe in sostenibilità

Dal Report 2021 su Moda e Sostenibilità appena elaborato dalla società di ricerca e consulenza Cikis, che aiuta le aziende della moda a intraprendere un percorso di trasformazione sostenibile, emergono risultati incoraggianti, seppur con alcuni limiti.

Redazione ImpresaGreen

Cikis, società basata a Milano che aiuta le aziende della moda ad attuare strategie e piani operativi sostenibili, ha pubblicato anche quest’anno il proprio Report su Moda e Sostenibilità, scritto sulla base di una survey condotta su un campione di 100 aziende di moda italiane. Sono stati intervistati 47 brand e 53 aziende della filiera, tutte realtà che dichiarano un fatturato superiore a un milione: queste infatti sono le aziende che, più probabilmente, dispongono delle risorse economiche necessarie per poter effettuare investimenti concreti in sostenibilità.
Com’è noto, la pandemia da Covid-19 e la preoccupazione relativa al cambiamento climatico sono fattori che hanno stimolato le aziende a riclassificare le proprie priorità, a trasformarsi e ad adattarsi all’evoluzione del settore della moda. Anche i consumatori, tuttavia, hanno sviluppato maggiore sensibilità al tema della sostenibilità; la domanda di capi second hand, ad esempio, è aumentata del 45% nel breve periodo tra novembre 2019 a febbraio 2020. La veloce crescita degli investimenti nell’ambito della sostenibilità si deve soprattutto all’aumento di richieste da parte del mercato.
Benché gli investimenti che denotano maggiore consapevolezza, ovvero quelli intrapresi per l’adesione del management a una scala di valori personali, siano ancora pochi, ben il 53% delle aziende intervistate dichiara di investire in sostenibilità per ragioni di competitività, e circa il 20% per rispondere alle richieste dei consumatori. Fra queste, sono un esempio marchi del calibro di Original Marines, Monnalisa, Carrera e molti altri.
Il Report di Cikis evidenzia tre diversi livelli di impegno in sostenibilità, in base al numero delle pratiche intraprese e alla loro rilevanza: “Il cambiamento di packaging e di comunicazione, ad esempio, se non associato ad altre misure, ha scarso peso sull’impatto ambientale complessivo. Rispetto al 2020, quando molte aziende citavano come pratica di sostenibilità implementata l’esclusiva sostituzione del packaging con alternative più sostenibili, quest’anno nessuna azienda ha dichiarato di aver implementato esclusivamente questa misura” spiega Serena Moro, Founder di Cikis. “Inoltre, dalla nostra analisi emerge che alcune aziende sottovalutano il proprio impegno (circa il 20%), mentre altre lo sopravvalutano (25%), rischiando di incorrere nel cosiddetto fenomeno del greenwashing”.
Quello ambientale non è tuttavia l’unico aspetto rilevante. In seguito all’emergenza Covid-19 la tutela delle persone e il welfare aziendale sono diventati requisiti sempre più richiesti da parte dei consumatori, ma non solo: rispetto all’anno scorso, le aziende che stanno lavorando su aspetti sociali sono aumentate di ben il 150%.
Un esempio virtuoso, da tempo impegnato su questo tema, è rappresentato da Vitale Barberis Canonico, lanificio storico e innovativo che ha ottenuto anche la Certificazione Salute e Sicurezza nei luoghi di lavoro (ISO 45001), che impegna il 97% dei suoi dipendenti con un contratto a tempo indeterminato e vanta il reparto di tessitura più silenzioso al mondo. Il dato più sorprendente riguarda però i consulenti di sostenibilità come Cikis: nonostante i costi di consulenza rappresentino uno tra i fattori più sfidanti, le analisi dimostrano che le aziende che si avvalgono di un esperto esterno riescono a raggiungere livelli elevati di sostenibilità con maggiore facilità e, a posteriori, percepiscono meno il problema dei costi. Il motivo, probabilmente, è imputabile al fatto che le competenze degli esperti abbiano permesso di raggiungere più facilmente i risultati e siano stati in grado di ridurre i costi di inefficienza.

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Pubblicato il: 10/09/2021

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