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Acqua, investimenti a 46 euro per abitante, in crescita del 17%

Presentato in occasione del Festival dell'Acqua il Blue Book della Fondazione Utilitatis, la monografia dei dati del Servizio idrico integrato. Nelle gestioni comunali "in economia", che interessano 9 milioni di cittadini soprattutto al Sud, gli investimenti crollano a 8 euro per abitante.

Redazione ImpresaGreen

Investimenti realizzati in crescita del 17% rispetto al 2017, un gap ancora troppo elevato tra le gestioni industriali e quelle comunali "in economia", l'importanza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e la spinta sulla digitalizzazione accelerata dall'emergenza Coronavirus. È il quadro che emerge dal nuovo Blue Book – la monografia completa dei dati del Servizio idrico integrato - realizzato dalla Fondazione Utilitatis, presentato in occasione del Festival dell'Acqua di Utilitalia, la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche. 
Con il trasferimento delle competenze di regolazione e controllo all'ARERA, dopo anni di instabilità gli investimenti realizzati hanno registrato una crescita costante a partire dal 2012. Nel 2019 si sono attestati ad un valore pro capite di46 euro, un dato in aumento del 17% rispetto al 2017 (38,7 euro). La distribuzione del fabbisogno di investimenti presentata dai gestori evidenzia come l'obiettivo prioritario della programmazione sia rappresentato dal contenimento dei livelli di perdite idriche che assorbe circa un quarto degli investimenti programmati (25%); seguono, tra i principali interventi, gli investimenti per il miglioramento della qualità dell'acqua depurata (20%) e quelli per l'adeguamento del sistema fognario con il 15%.Restano però ancora grandi differenze tra le macro-aree del Paese e tra le gestioni industriali e quelle "in economia",dove gli enti locali si occupano direttamente del servizio idrico. Sono 9 milioni le persone residenti in comuni in cui almeno un servizio tra quelli di acquedotto, fognatura e depurazione, è gestito direttamente dall'ente locale; di questi 5 milioni (59%) sono gli abitanti di comuni in cui è l'intero servizio idrico a essere gestito direttamente dall'amministrazione locale: analizzando questa tipologia di gestione, gli investimenti medi annui si attestano a 8 €/ab, ben al di sotto dei 46 €/ab rilevati per le gestioni industriali. 
Il PNRR italiano contiene linee di intervento e politiche, accompagnate da riforme di contesto, mirate a indirizzare la ripresa economica secondo tre assi strategici condivisi a livello europeo: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale. I fondi assegnati nel PNRR che riguardano le aziende del servizio idrico sono pari a 3,5 Mld €. Utilitalia ha avviato un'analisi per individuare i progetti del settore ritenuti dalle sue associate eleggibili a essere inclusi nel Piano, raccogliendo progetti per un valore di 13,86 Mld € (pari a circa 4 volte l'ammontare stanziato nel PNRR). Tale programma di investimenti ha un potenziale impatto sull'economia di 11 miliardi di euro e uno occupazionale pari a 133 mila nuovi posti di lavoro, secondo elaborazioni Utilitalia, implementate attraverso moltiplicatori regionali sviluppati ad hoc da SVIMEZ.
Il ciclo di gestione dell'acqua rappresenta pienamente il paradigma dell'economia circolare. Il settore è in continua evoluzione per migliorare la salvaguardia della risorsa idrica e garantirne il riuso grazie anche al ricorso alle nuove tecnologie, che spaziano dall'implementazione di tecniche ingegneristiche più evolute per la gestione delle reti e degli impianti, all'utilizzo dell'information technology, fino alla robotica avanzata.L'impegno verso la digitalizzazione e l'innovazione ha subìto un'improvvisa accelerazione a causa dell'emergenza Coronavirus. Da un lato, la digitalizzazione e l'interconnessione delle diverse componenti del processo produttivo potrebbero favorire la sua ottimizzazione: in particolare, nelle infrastrutture di rete si potrebbero introdurre dispositivi per la razionalizzazione della manutenzione, la regolazione dei flussi, il risparmio del fabbisogno energetico e la riduzione dell'inquinamento. Dall'altro lato, nei servizi si potrebbero innalzare gli standard di prestazione, adeguandoli alle esigenze degli utenti grazie ad una capillare informazione e in virtù dell'accresciuta flessibilità del processo produttivo.
Secondo l'OCSE, il 70% dell'acqua consumata a livello mondiale è destinata all'agricoltura, il 20% all'industria e il 10% consumo civile. Tali percentuali si riproporzionano in modo differente nei vari Paesi: nel caso dell'Italia, ad esempio, il 54% dell'uso idrico è destinato all'agricoltura, il 21% all'uso industriale, il 20% all'uso civile e il 5% all'uso energetico. Secondo l'OCSE, peraltro, la domanda globale d'acqua crescerà del 55% tra il 2000 e il 2050. In quest'ottica, il cambiamento climatico rappresenta anche un problema economico e, tra i suoi impatti, vi è inevitabilmente la variazione della disponibilità della risorsa idrica. Se da un lato quindi deve essere garantito il diritto all'accesso all'acqua potabile, al contempo devono anche essere implementate condotte virtuose da parte di tutti gli utilizzatori della risorsa (civili, industriali, agricoli) ai fini della sua tutela, riducendo l'impronta idrica derivante dalle azioni umane. 


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Pubblicato il: 16/06/2021

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