La Commissione Europea con le strategie del
Green Deal sull'economia circolare, la biodiversità e "
farm to fork" ha recentemente presentato
il proprio progetto per l'agricoltura del futuro. E' su questi binari tracciati che si disegneranno le prossime politiche per il settore primario le quali, nelle intenzioni di Bruxelles, disporranno nel periodo 2021-2027 di 402 miliardi di euro (compresi i 45 in dote al nuovo strumento di rilancio economico
Next Generation EU), dei quali 348 a favore della nuova PAC.
La parola d'ordine è quindi sostenibilità.
Ma le imprese agricole italiane sono pronte a farsi interpreti dei nuovi indirizzi green europei?
Per rispondere a questa domanda, nell'ambito dell'iniziativa AgriCOMMUNITY, Nomisma - con la collaborazione di Edagricole - ha realizzato un'indagine diretta, che ha coinvolto all'inizio del 2020 oltre 1.000 imprese agricole italiane avanzate (con una SAU media di 63 ettari).
Ecco cosa emerge.
Gli orientamenti europei per un'agricoltura sostenibile prevedono significativi obiettivi di riduzione d'impiego degli input chimici (agrofarmaci e fertilizzanti) entro il 2030, con un parallelo incentivo alla crescita dei sistemi di produzioni biologica, che dovrebbero coinvolgere almeno il 25% della superficie agricola.
Poco meno di un quarto delle imprese avanzate del campione AgriCOMMUNITY
ha adottato il sistema di coltivazione biologica, con un'incidenza sulla propria superficie agricola pari al 18%, alcuni punti percentuali al di sopra della media nazionale (15%). Analogamente il 24% delle imprese adotta sistemi di produzione integrata (con un peso sulla superficie agricola
pari al 18%). Anche in questo caso
sono realtà attente alla sostenibilità, ma non menzionate nei documenti della Commissione.
Sebbene sia prevista
una contrazione dell'uso degli input chimici, in una logica di salvaguardia della produttività dell'impresa e quindi della sua competitività, l'utilizzo dei mezzi tecnici – non solo fertilizzanti e agrofarmaci, ma anche mangimi e sementi certificate – è ritenuto importante da un ampio numero di imprese del campione, sempre superiore ai due terzi.Un possibile percorso per conciliare le due esigenze può essere offerto da un uso più razionale dei mezzi tecnici, che può essere conseguito, nelle intenzioni della Commissione, grazie ad
una maggiore diffusione delle tecnologie dell'agricoltura 4.0.
Tuttavia un'adozione del
precision farming su vasta scala sembra ancora molto lontana. Appena
il 24% delle imprese agricole avanzate intervistate dispone di un parco macchine con un'età media inferiore ai dieci anni e solo un ristretto numero di esse possiede macchine con sistemi di guida assistita/semi-automatica/GPS integrato (13%), di applicazione a dosaggio variabile (6%) o altre tecnologie come centraline meteo o sensori (rispettivamente 11% e 4%.). Su questo fronte
è necessario un forte slancio in avanti, ottenibile
attraverso investimenti diretti delle imprese,
grazie al supporto del mondo del contoterzismo, il quale può fornire risposte a quella parte del tessuto produttivo di più piccole dimensioni, per le quali l'acquisto di queste tecnologie non sarebbe economicamente giustificato.
In termini di tecnologie, l'attenzione va posta anche sull'adozione d
i sistemi irrigui a risparmio idrico, presenti nel 64% delle imprese agricole avanzate e fra queste solo per il 30% con sistemi a risparmio idrico (Irrigazione localizzata e micro-irrigazione superficiale, subirrigazione, ecc.). Un altro fronte riguarda
quello delle energie rinnovabili, fortemente sostenute dalla Commissione, che sono presenti in circa un terzo delle imprese del campione AgriCOMMUNITY, ed in gran parte fanno riferimento al fotovoltaico.
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