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Climate change, Deloitte: modellare il futuro del lavoro per evitare una perdita fino a 800 milioni di posti

È quanto emerge dal report Deloitte “Work Toward net Zero”, in cui si mostra come affrontare il cambiamento climatico con una transizione attiva, sinergica e globale consente di raggiungere il target del net-zero e favorisce contestualmente la crescita economica e l’espansione del dividendo occupazionale.

Redazione ImpresaGreen

La riduzione delle emissioni nette globali a “zero” entro il 2050 cambierà per sempre l’economia mondiale, trasformando il ruolo della forza lavoro. Non agire preventivamente a sostegno dell’ambiente rischia di rallentare la crescita economica e impattare negativamente i livelli di occupazione: sono 800 milioni i posti di lavoro in tutto il mondo - circa il 25% dell’attuale forza lavoro globale - altamente vulnerabili al cambiamento climatico e al suo impatto sull’economia. È quanto emerge dal report Deloitte “Work Toward net Zero”, in cui si mostra come affrontare il cambiamento climatico con una transizione attiva, sinergica e globale consente di raggiungere il target del net-zero e favorisce contestualmente la crescita economica e l’espansione del dividendo occupazionale. Intraprendendo questo percorso virtuoso, si prospetta una crescita dell’economia mondiale di circa 43.000 miliardi di dollari entro il 2070 – prevenendo perdite economiche quattro volte superiori (circa 178.000 miliardi di dollari) – e la creazione di oltre 300 milioni posti di lavoro in più entro il 2050. Di questi 21 milioni in Europa, 26 nelle Americhe, 75 in Africa e 180 in Asia.

“La transizione attiva verso il net-zero rivoluzionerà l’economia globale commenta Franco Amelio, Deloitte Sustainability Leader –, con le attività ad alta intensità di emissioni e i relativi posti di lavoro che verranno impattati in base a nuove tecnologie e industrie emergenti. Rispetto a una transizione passiva, che comporterebbe un disallineamento tra competenze e posti di lavoro e impedirebbe la crescita dei settori a basse emissioni, il percorso di transizione attiva, se realizzato con idonee politiche ambientali e programmi di innovazione, rappresenta una situazione win-win per il clima e per l’economia. Da una parte, si riducono le emissioni globali e si mitigano gli impatti del climate change, e, dall’altra, si creano nuovi settori, nuovi lavori e nuove competenze. Se comparata con una transizione passiva, sotto una transizione attiva si stima che solo USA, Cina e India potrebbero generare rispettivamente 5, 38, e 74 milioni di posti di lavoro in più entro il 2050”.

Secondo il report Deloitte il percorso di transizione attiva forgerà una forza lavoro più responsabile, consapevole e ancor più qualificata, definita Green Collar workforce. Questo gruppo sarà composto sia da categorie di occupazioni emergenti della new economy che beneficeranno in modo significativo dei cambiamenti globali indotti dalla decarbonizzazione, sia da tipologie di lavoro appartenenti alla old economy che risulteranno essere maggiormente esposte ai rischi climatici e ambientali. Nel primo gruppo rientrano le professioni altamente richieste con l’emergere e l’espansione di settori a basse emissioni (Growing-demand jobs); i nuovi posti di lavoro che emergeranno durante la transizione verso la riduzione delle emissioni nette (New net-zero jobs); le occupazioni attualmente esistenti che, nel corso del periodo di transizione ecologica, vedranno una trasformazione dei propri requisiti e della modalità di svolgimento (Transformed jobs). Nel secondo gruppo invece troviamo professioni collegate ad attività con alta intensità di emissioni che subiranno una interruzione temporanea o definitiva (Emissions-intensive jobs) e posti di lavoro con attività dipendenti dall’ambiente e dal clima e che saranno influenzati negativamente in termini sia di condizioni di lavoro più dure sia di interruzione delle attività (Climate-dependent jobs).



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Pubblicato il: 12/01/2023

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