Nonostante l'indiscutibile impegno contro il cambiamento climatico, alcuni big dell'IT come Microsoft, Google e Amazon, lavorano a stretto contatto con alcune delle maggiori compagnie petrolifere del mondo. In particolare, prestano i propri datacenter e la potenza di elaborazione ad essi riconducibile per estrarre petrolio e gas più velocemente e con meno spese. La denuncia è di Greenpeace, all'interno del report "
Oil in the Cloud: How Tech Companies are Helping Big Oil Profit from Climate Destruction".
La questione è legata ai servizi IT che prestano queste aziende alle compagnie petrolifere e del gas. Secondo Greenpeace, sono fondamentali per alimentare la catena di produzione di petrolio e gas. E sono tali da ridimensionare gli impegni climatici assunti da Microsoft, Google e Amazon.
L'importanza dell'apporto tecnologico è legato in special modo alla crisi del settore Oil & Gas causata dalla
pandemia di COVID-19. Il lockdown ha abbattuto la domanda globale di petrolio e gas. I prezzi sono crollati a livelli che non si vedevano da molto tempo e si registra un grave eccesso di offerta.
Per risollevarsi, l'industria petrolifera e del gas potrebbe sfruttare i benefici del cloud computing e dell'Intelligenza Artificiale per una più efficiente scoperta, estrazione, distribuzione, raffinazione e commercializzazione di petrolio e gas. Secondo Greenpeace potrebbero essere proprio le innovazioni tecnologiche a rivitalizzare le attività delle aziende Oil & Gas, rendendo possibili attività un tempo reputate troppo rischiose o costose.
Greenpeace stessa ammette nel report che
è difficile isolare l'impatto specifico del cloud computing e dell'IA sui livelli di produzione. La sua stima è che l'apporto potrebbe aumentare i livelli di produzione fino al 5%. Il condizionale è d'obbligo. Anche i calcoli sugli investimenti delle compagnie petrolifere nel cloud computing e nell'IA sono una stima. L'ha redatta Bloomberg, che parla di 15,7 miliardi di dollari entro il 2030.
A beneficiarne sarebbero appunto Microsoft, Google e Amazon. Microsoft, che
vuole diventare Carbon Negative entro il 2050, sembra avere il maggior numero di contratti con compagnie petrolifere e del gas. Il solo contratto in essere con ExxonMobil potrebbe portare a emissioni superiori al 20% dell'impronta di carbonio annuale di Microsoft.
Amazon ha contratti legati più che altro a oleodotti, spedizioni e stoccaggio. Tuttavia ha recentemente
intensificato il suo impegno per il clima con il Climate Pledge e un Fondo Terra da 10 miliardi di dollari.
Google, dopo
forti polemiche, sta attivamente deprioritizzando i contratti con i colossi dell'Oil & Gas. Di recente ha dichiarato che non svilupperà più soluzioni AI/ML personalizzate per agevolare l'estrazione. A seguito del report, l'azienda ha inoltre puntualizzato che nel 2019 il suo fatturato derivante dal settore Oil & Gas è stato di circa 65 milioni di dollari, meno dell’1% dei ricavi totali di Google Cloud nello stesso periodo.
Greenpeace riconosce la leadership aziendale come parte fondamentale per combattere la crisi climatica. E apprezza l'impegno delle aziende verso una maggiore sostenibilità. L'accusa quindi non è fine a se stessa, è orientata a esortare questi colossi IT ad abbandonare il supporto al settore Oil & Gas e a impiegare le proprie risorse per
spingere la ricerca e sviluppo delle energie rinnovabili. Leadership, potenza economica e forza dei brand potrebbero fare la differenza.
Se questo articolo ti è piaciuto e vuoi rimanere sempre informato con le notizie di
ImpresaGreen.it iscriviti alla nostra
Newsletter gratuita.
Notizie che potrebbero interessarti:
SMA e Energy Point Garda per un'energia pulita...
LinkedIn: la domanda di competenze green è...
Logitech lancia i nuovi strumenti per uffici...
Equinix riscalderà oltre 1.000 abitazioni a...
Deloitte e Zucchetti insieme per favorire la...
Aruba e MIX: attivato nuovo PoP nell’Hyper...