Indagine BEI: secondo gli Italiani le imprese non si impegnano nella lotta ai cambiamenti climatici

Secondo una ricerca condotta dalla Banca europea per gli investimenti (BEI), i prodotti e i servizi offerti dalle imprese non sono all'altezza delle aspirazioni degli Italiani in termini di riduzione della loro impronta di carbonio.

Autore: Redazione ImpresaGreen

La Banca europea per gli investimenti (BEI), in collaborazione con YouGov - società internazionale di analisi dell’opinione pubblica - ha pubblicato  il quinto pacchetto di risultati della propria indagine sul clima, un sondaggio che analizza come i cittadini percepiscono i cambiamenti climatici nell'Unione europea, negli Stati Uniti e in Cina. Questa serie di risultati rivela le aspettative dei cittadini nei confronti delle aziende e delle società in termini di lotta ai cambiamenti climatici. 
Dall'indagine emerge come una vasta maggioranza degli Italiani (64%) non si senta sostenuta dalle imprese per quanto riguarda l'impegno a favore del clima. Si tratta di una percentuale al di sopra della media dei cittadini europei più in generale che esprimono lo stesso scetticismo: sono infatti il 54% gli Europei secondo cui le imprese non contribuiscono all'impegno dei singoli nella lotta ai cambiamenti climatici.
Riguardo alle possibili soluzioni per incentivare le imprese a ridurre le loro emissioni di gas a effetto serra, un'ampia fetta di Italiani (48%) dichiara di privilegiare le misure di regolamentazione a livello nazionale, anche se la percentuale è leggermente inferiore alla media europea (52%). In particolare, il 27% degli Italiani ritiene che le misure più efficaci siano rappresentate da regolamenti e sanzioni, mentre il 21% confida nel fatto che incentivi fiscali sotto forma di sovvenzioni e sgravi possano promuovere modelli aziendali più ecologici (cfr. Figura 1 per ulteriori dettagli). 
L'indagine rivela inoltre l'esistenza di un legame molto stretto tra comportamento dei consumatori italiani e lotta ai cambiamenti climatici: sono infatti il 79%, quindi molto più della media europea pari al 67%, gli Italiani che al momento dell'acquisto tengono conto anche del potenziale impatto di un prodotto o servizio sul clima.Guardando ai risultati più nello specifico, emerge un divario generazionale per quanto riguarda l'approccio all'acquisto: sono infatti il 32% gli Italiani over 55 che definiscono molto importante l'impatto climatico di un prodotto o servizio, contro il 28% della fascia d'età 35-55 (quindi con uno scarto di 4 punti percentuali) e il 21% della generazione più giovane, ovvero quella di età compresa tra i 18 e i 34 anni (la differenza è di 11 p.p.).
Alla luce di queste premesse appare chiaro come dai risultati dell'indagine emerga un potenziale sfasamento tra l'offerta delle imprese e la volontà dei cittadini di assumere atteggiamenti rispettosi del clima al momento dell'acquisto di un prodotto o servizio.
Un esempio paradigmatico in questo senso è quello relativo al mercato dell'energia; infatti, per quanto riguarda i tre principali ostacoli che si frappongono a un maggiore utilizzo di energia pulita, i cittadini italiani hanno risposto come segue: non sempre è possibile (44%), è troppo costoso (16%) e non so (24%). Quest'ultimo dato potrebbe essere sintomo di una mancanza di informazione e sensibilizzazione in merito alla disponibilità di fonti di energia più sostenibili. 
Guardando alle regioni, i consumatori europei si collocano in cima alla classifica rispetto a quelli americani e cinesi per quanto riguarda i comportamenti sensibili alle problematiche del clima. Infatti, contro il 67% dell'Europa, sia negli Stati Uniti che in Cina la percentuale di cittadini che definiscono i cambiamenti climatici un fattore "abbastanza importante" o "molto importante" ai fini delle decisioni di acquisto di prodotti o servizi è pari al 57%. Le tre regioni presentano differenze anche per quanto riguarda la percezione dei cittadini del sostegno offerto dalle imprese in termini di azioni a favore del clima: se in Europa il 54% non si sente sostenuto dal settore, in America e in Cina le corrispondenti percentuali scendono rispettivamente al 45% e al 12%.


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