Sino a qualche tempo fa di
economia circolare parlavano in maniera estesa solo gli addetti ai lavori. Anche per le aziende e i cittadini più attenti alle questioni ambientali il termine era - ed è spesso ancora - un sinonimo di riciclo e riuso. Il modello complessivo della circular economy però è molto più ampio, con
impatti epocali sul modo di concepire la produzione e il consumo di qualsiasi prodotto. Certo comprende anche temi specifici come il riciclo, il riuso, la
riduzione dell'impatto ambientale e la spinta verso le energie rinnovabili. Ma in realtà è un vero e proprio modello economico-industriale che va approfondito bene per essere compreso appieno.
Economia circolare: i principi di base
I principi di economia circolare si ispirano al comportamento della natura, dove i cicli di produzione e consumo sono chiusi. Come si usa dire,
nulla si crea e nulla si distrugge: lo scarto di un processo naturale diventa il materiale di partenza per un processo successivo, in una catena che alla fine ritorna idealmente al punto di partenza e chiude il circolo.
L'esempio più immediato è la
catena alimentare: parte dai vegetali "alimentati" dal sole e da qui, in sequenza, ogni essere vivente coinvolto diventa una fonte di energia (cibo) per il suo predatore, sino a quando chi sta in cima alla catena alimentare muore e "ritorna alla terra" decomponendosi in sostanze che favoriranno la nascita di altre piante. È un modello che evidentemente funziona ed
è sostenibile a lungo termine, tanto che ha supportato la vita sul nostro pianeta per milioni di anni.
Il modello di produzione e consumo sviluppato da noi umani è completamente diverso.
Non è circolare ma lineare: ricaviamo energia e materie prime dall'ambiente, le usiamo in vari passi per creare un prodotto finito e questo, a "fine vita", viene scartato come rifiuto. Il
ciclo tecnologico - contrapposto al ciclo biologico della natura - non si chiude e non è sostenibile nel lungo periodo. All'ambiente di positivo non torna quasi nulla, anzi i rifiuti di questo flusso sono dannosi per noi e per l'ambiente.
Economia circolare: chiudere i cicli tecnologici
I modelli di economia circolare prevedono un cambiamento rivoluzionario: fare in modo che i cicli tecnologici di produzione e
consumo diventino cicli chiusi, ossia che a fine vita un qualsiasi prodotto (smartphone, computer, abbigliamento, automobili, abitazioni, alimentari e via dicendo) sia in grado di supportare la produzione del suo "erede".
Le teorizzazioni di economia circolare sono ovviamente allineate con il fatto che la produzione e l'utilizzo di un prodotto sono processi più articolati dei singoli step della catena alimentare. Per questo
un singolo prodotto genera più cicli chiusi: a fine vita viene "recuperato" in vari processi paralleli che coinvolgono il suo utilizzatore e tutte le parti che hanno contribuito alla sua creazione.
Un esempio dei possibili cicli chiusi dell'economia circolare (Ellen MacArthur Foundation)
Spieghiamoci con un esempio. Alla "morte" di un elettrodomestico, questo viene inviato a chi lo ha prodotto per essere smontato nei suoi componenti fondamentali, cercando di
riusarne il maggior numero possibile per la produzione di altri elettrodomestici dello stesso genere.
I componenti che non si possono più riusare sono passati a chi li ha prodotti in origine - oggi d'altronde molti beni di consumo sono prodotti per assemblaggio di componenti - in modo che
si possa riciclare la maggiore quantità possibile dei materiali grezzi che "fanno" quel componente. Se ci sono altri passi di produzione, generano altrettanti cicli virtuosi di riuso, riciclo, riduzione dell'impatto energetico e ambientale.
Una vera economia circolare vuol dire rivoluzione culturale
Tutto l'insieme dei cicli tecnologici chiusi che abbiamo descritto non si può generare solo attraverso le iniziative di riuso e riciclo - per quanto meritevoli e necessarie - di
poche aziende illuminate.
Serve un coinvolgimento totale della supply chain di ciascun prodotto, con una macro-evoluzione di sistema a livello globale. Ma serve anche una fortissima evoluzione culturale che ci porti a vedere in modo diverso i prodotti, lato aziende e lato consumatori.
Lato aziende, questo aspetto della economia circolare significa infatti concepire un prodotto da zero perché sia sfruttabile a fine vita. Qui
il concetto portante è il circular design: un prodotto deve essere pensato da subito per poter dare vita ad altri prodotti, quindi perché la percentuale più alta possibile (idealmente la totalità) di ciò che lo costituisce (dai componenti ai materiali grezzi) si possa ricavare dal prodotto stesso a fine vita e usare per generare altri prodotti. Magari dello stesso tipo, ma non è indispensabile.
Il
design circolare è anche un co-design. Un prodotto da circular economy deve essere pensato da tutte le realtà coinvolte nella sua produzione, perché ciascuna di esse
detiene la conoscenza migliore sui materiali e sulle tecniche coinvolte nella sua parte del processo produttivo. Questa conoscenza serve a rendere il prodotto il più "circolare" possibile, non basta quasi mai il sapere del progettista o del designer dell'azienda che poi sul prodotto mette il suo marchio.
Non c'è solo questo. In una visione di economia circolare serve un approccio più consapevole all'utilizzo di un prodotto, in modo da ottimizzare al massimo il consumo delle risorse legate alla sua produzione. Questo vuol dire innanzitutto che
la sua "vita" deve essere estesa il più possibile, avendo sempre la possibilità di ripararlo quando si guasta o per l'usura dei suoi componenti. Addio obsolescenza programmata, quindi, ma anche addio (o quasi) all'abitudine di sostituire un prodotto solo per consumismo.
Oltre ad allungare la vita di un prodotto, dobbiamo anche "allargarla". Dobbiamo in concreto
estendere la sua generica utilità condividendolo con altre persone. Oppure, se proprio vogliamo disfarci di qualcosa che ancora funziona, cedendolo ad altri che possono ancora averne vantaggio.
Economia circolare, scelte difficili
Sinora abbiamo cercato di contenere gli aspetti più spiacevoli dell'economia lineare con azioni mirate, come il riciclo. La circular economy cerca di elimina questi aspetti negativi
cambiando del tutto le regole del gioco. Per questo non è uno sviluppo facile, incontrerà moltissime resistenze e richiederà molto tempo per concretizzarsi.
Un cammino del genere sino a qualche anno fa
sarebbe stato utopico. Oggi parlare di economia circolare è plausibile, almeno in certi contesti, grazie ad
evoluzioni tecnologiche che lo rendono più concreto: la digitalizzazione dei prodotti, i nuovi materiali creati dalle bioscienze, i modelli di business basati sull'erogazione di servizi e non sulla vendita di prodotti. Per quanto importante - interessa pur sempre il modo stesso in cui le imprese concepiscono i loro prodotti, li progettano e li realizzano -
la questione tecnologica però non è l'ostacolo principale alla "vera" economia circolare.
Il problema principale è che
serve una evoluzione sociale più che tecnica. La spinta verso i modelli di economia circolare deve venire dal basso, ossia dai clienti, e dall'alto, cioè dalle istituzioni con
normative ad hoc e incentivi. Solo questa dinamica spingerà le aziende produttrici verso una evoluzione graduale che possa bilanciare i maggiori costi a breve termine con i vantaggi nel lungo periodo.
Serve ovviamente anche
l'esempio di aziende-guida di grandi dimensioni che possano "imporre" l'economia circolare al loro ecosistema e, per emulazione, anche al di fuori. Certo la strada da fare è ancora tantissima, ma i primi passi sono già stati compiuti.