La Commissione europea ha chiesto all'Italia di adeguare la legislazione nazionale alle norme europee in materia d
i rifiuti del settore estrattivo, entro due mesi. In caso contrario, la Commissione potrebbe adire la Corte di giustizia dell'Unione europea.
La
direttiva sui rifiuti delle industrie estrattive ha come obiettivo quello di prevenire e ridurre gli effetti dei rifiuti di tali industrie
sulla salute umana e sull'ambiente. La direttiva stabilisce che una struttura di deposito dei rifiuti estrattivi debba avere un'autorizzazione operativa che prevede di un piano di gestione dei rifiuti.
Le strutture che presentano un rischio potenziale per la salute umana o l'ambiente sono tenute a redigere
un piano di emergenza interno ed esterno per prevenire incidenti gravi e prevederne le possibili conseguenze per la salute umana e l'ambiente.
La direttiva riguarda un gran numero di strutture di deposito dei rifiuti delle industrie estrattive, tra i quali i rifiuti inerti, i rifiuti pericolosi come i residui di bauxite (fango rosso) o dell'estrazione dell'oro (contenenti cianuro), i residui di carbone, i rifiuti di uranio e quelli provenienti dall'estrazione petrolifera di terra.
E così, mentre molte disposizioni della direttiva sono state recepite correttamente nella legislazione nazionale, la Commissione
ha individuato alcune carenze indicate in una lettera di costituzione in mora inviata all'Italia nel marzo 2011.
Le carenze individuate riguardano settori quali
l'informazione al pubblico, il trattamento dei vuoti di miniera, la manutenzione successiva alla chiusura nonché lo scambio di informazioni con altri Stati membri in caso di incidente. L'Italia ha informato la Commissione che nell'estate 2011 sarebbe stato adottato un progetto di decreto volto a emendare la legislazione nazionale, ma la procedura di adozione è stata inaspettatamente bloccata dal Parlamento italiano e non è stata corretta nessuna delle carenze individuate dalla Commissione.