Una nuova generazione di rete di distribuzione, non è più concepita in modo passivo, nel quale la stragrande maggioranza degli utenti utilizza l'energia elettrica. Nelle smart grid cresce invece a dismisura il numero di coloro che, oltre ad essere utilizzatori della rete, sono anche produttori di energia.
Così com'è concepita ora la nostra rete elettrica (ma anche quella europea) n
on è adatta a funzionare in questo modo. Non è solo un fatto legato alla tensione di esercizio, ma anche di gestione dei fornitori: i tanti produttori di energia derivata da piccoli impianti che si troverebbero collegati a una smart grid devono infatti essere in grado di dare servizi e garanzie di qualità nella fornitura che richiedono un controllo da parte del gestore della rete.
Per questi motivi le smart grid verrebbero a configurarsi come vere e proprie reti informatiche, lungo le quali viene sì distribuita energia ma che consentono anche al gestore di controllare i fornitori. Questo può avvenire soltanto con un importante sviluppo tecnologico, che deve partire subito e completarsi in una rete elettrica di nuova concezione nell'arco dei prossimi trent'anni. La buona notizia è che a questo immenso progetto si sta già lavorando.
Sono stati, infatti, avviati investimenti in Europa per oltre 1.000 miliardi di euro da qui al 2020 e l'Italia è tra i protagonisti della ricerca. L'Erse, per esempio. ha attivato impianti di prova per verificare come armonizzare la doppia esigenza di distribuzione e generazione distribuita. Tra gli altri protagonisti anche l'Enea, l'Enel e un consorzio di università italiane riunite nel gruppo Gusee, Gruppo universitario sistemi elettrici per l'energia.