Le utilities italiane investono 280 milioni l’anno nell’economia circolare

I dati del position paper di Utilitalia “Utilities protagoniste della transizione ecologica: le sfide dell’economia circolare”.

Autore: Redazione ImpresaGreen

Investimenti per 280 milioni di euro all’anno nell’economia circolare, con un livello di raccolta differenziata che si attesta al 69% e un tasso smaltimento in discarica decisamente più basso della media nazionale. E’ questo il bilancio delle imprese dei servizi pubblici italiane come viene raccontato dal position paper “Utilities protagoniste della transizione ecologica: le sfide dell’economia circolare”, messo a punto da Utilitalia, la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche. Il lavoro si concentra su un campione rappresentativo dell’84% dei ricavi complessivi e del 77% dei lavoratori del settore, che interessa circa 21 milioni di cittadini.
La raccolta differenziata delle aziende che fanno capo a Utilitalia raggiunge il 69% (contro una media italiana del 61%), con lo smaltimento in discarica che scende al 4% (quando la media nazionale è del 21%), quindi ben al di sotto del limite massimo del 10% stabilito dall’Unione europea per il 2035. Tra gli altri risultati ottenuti dalle utilities spiccano i 98 milioni di metri cubi di biogas prodotti nel 2020, un tasso di recupero dei fanghi di depurazione pari al 68,6% e un tasso complessivo di riciclo del 77,5%.
I benefici di un approccio “circolare” – viene spiegato – vanno al di là della raccolta e della gestione dei rifiuti: nell’idrico ci sono opportunità legate al riutilizzo delle acque reflue depurate, al recupero e al riutilizzo dei fanghi di depurazione e al revamping degli impianti per migliorarne l’efficienza. Per l’ambiente è possibile sviluppare modelli di riuso, potenziare la raccolta differenziata di qualità, implementare nuovi flussi di raccolta, ridurre la produzione di rifiuti e applicare tecnologie innovative. Per quanto riguarda l’energia si può puntare su revamping e repowering degli impianti di generazione, recupero degli accumulatori, sviluppo di modelli di condivisione e gestione del fine vita degli impianti energetici.
Nell’economia europea i benefici ambientali - in una logica legata alla riduzione delle emissioni di CO2 - potranno essere compresi tra 80 e 150 milioni di tonnellate al 2030, e tra 300 e 550 milioni di tonnellate al 2050. A questi si sommano i benefici economici: gli investimenti nell’economia circolare possono arrivare a sbloccare fino a 356 miliardi di euro al 2025 in Europa, con effetti anche sulla riduzione del 10% dei costi delle materie prime (fino al 12% in meno al 2050). Il potenziale complessivo potrebbe essere un incremento del Pil del 7% al 2030.
Per sfruttare al meglio queste potenzialità sono necessarie azioni congiunte che coinvolgono le utilities e i policy maker. Da un lato, le utlities devono adottare programmi che rendano più circolare il proprio business, dotarsi di strumenti di misurazione puntuale, migliorare le performance di riciclo e partecipare a piattaforme di collaborazione per lo sviluppo di progetti condivisi. Dall’altro lato, i policy maker devono approntare una Strategia nazionale per l’economia circolare e una roadmap per lo sviluppo di impianti di trattamento dei rifiuti; servono inoltre una revisione della disciplina dell’Endof Waste, l’estensione del campo di applicazione della Responsabilità estesa del produttore a nuove filiere di rifiuti e infine l’incentivazione dello sviluppo del biometano.

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