Rifiuti elettronici, riciclato solo il 17,4% a livello mondiale

Nel 2019 gli e-waste di tutto il mondo hanno toccato quota 53,6 milioni di tonnellate, 9,2 milioni di tonnellate in più rispetto al 2014. Solo 78 Paesi dispongono di regolamentazioni o legislazioni in merito e la maggior parte di questi Paesi si trova in Europa

Autore: Redazione ImpresaGreen

53,6 milioni di tonnellate. A tanto ammontano i rifiuti elettronici del 2019. Una quantità enorme, certificata dal Global E-Waste Monitor, un report che è frutto degli sforzi congiunti dell'Università delle Nazioni Unite, dell'International Telecommunication Union e del'International Solid Waste Association in collaborazione con l'Organizzazione Mondiale della Sanità e il Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente. Giunto alla sua terza edizione, il rapporto mostra una tendenza decisamente poco incoraggiante. Rispetto al primo report del 2014, i rifiuti elettronici sono infatti aumentati a livello mondiale di 9,2 milioni di tonnellate a fronte di sistemi di raccolta non sono riusciti a garantirne un maggior tasso di smaltimento. Solo il 17,4% di questi rifiuti è stato riciclato. Una percentuale che non è aumentata come atteso.

Ciò è estremamente preoccupante, perché se questi componenti elettronici non vengono correttamente riciclati, inquinano. Ogni singolo componente elettronico contiene materiali preziosi ma anche tossici, come ferro, rame, oro e mercurio. Senza contare che frigoriferi e condizionatori d'aria spesso contengono clorofluorocarburi e idroclorofluorocarburi, potenti gas serra che contribuiscono ad aggravare la crisi climatica. Gli autori del rapporto stimano che almeno l'8% dei rifiuti elettronici venga buttato in cassonetti, per poi finire in discariche e inceneritori, soprattutto in Paesi ad alto reddito come gli Stati Uniti.

Nel Sud del mondo, dove molti Paesi non hanno politiche che regolano lo smaltimento dell'elettronica, questi rifiuti vengono spesso rotti per vendere alcune loro parti. La conseguenza è che molte delle sostanze tossiche presenti all'interno dei dispositivi inquinano suoli e corsi d'acqua. Tutto questo rappresenta un’enorme minaccia per la salute pubblica, in particolare per bambini e lavoratori, che possono inalare i fumi tossici rilasciati quando i componenti elettronici vengono bruciati o toccare le sostanze chimiche pericolose che fuoriescono dai rifiuti elettronici. Spesso gli acidi usati per rimuovere l'oro dall'elettronica vengono scaricati nei corsi d'acqua, che vanno così a diffondersi nel sistema alimentare locale.

Secondo il rapporto, la situazione non è destinata a migliorare. A mancare è uno sforzo coordinato che stabilisca cosa fare alla fine del ciclo di vita dei dispositivi elettronici. Ad oggi solo 78 Paesi dispongono di regolamentazioni o legislazioni in merito e la maggior parte si trova in Europa, dove si registra il più alto tasso di riciclo e raccolta. Per far fronte alla situazione occorrerebbe, invece, uno sforzo più concertato da parte delle autorità di regolamentazione, dei produttori e dei consumatori. Lo stesso rapporto è frutto di un quadro incompleto, con molti paesi che non riescono nemmeno a riferire come e quanto riescano a gestire i rifiuti elettronici.

E le prospettive non sono incoraggianti. Il report stima che entro il 2030 il mondo produrrà 74,7 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici all'anno. Da parte loro, i consumatori possono contribuire a cambiare la situazione spingendo, dove non esistono, su programmi locali di riciclo. Ma ancora meglio sarebbe che i leader mondiali si mettano d’accordo su come gestire i rifiuti elettronici prima che invadano il pianeta.

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