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Cave: Legambiente presenta la mappa e i relativi numeri dell'attività estrattiva in Italia

Per essere al passo con l'Europa, l'Italia dovrebbe obbligare i costruttori a riutilizzare gli inerti provenienti dall'edilizia.

Redazione GreenCity

Perfino in un periodo di crisi dell'edilizia, l'Italia, con oltre 34 milioni di tonnellate e una media di 565 chili per ogni cittadino, continua a detenere un primato europeo nel consumo di cemento. Solo nel 2010 dalle 5.736 mila cave attive nel nostro paese sono stati estratti quasi 90 milioni di metri cubi di inerti di cui circa la metà (43 milioni di metri cubi) in Lombardia, Lazio e Piemonte. 
A richiamare l'attenzione sulle conseguenze di un'attività a cui viene prestata troppo poca attenzione sia a livello nazionale che regionale è il Rapporto Cave 2011 di Legambiente, presentato a Roma da Edoardo Zanchini, responsabile Urbanistica di Legambiente, Gabriele Nanni, Ufficio Urbanistica Legambiente, Alessio Velo, di Eco.Men., impresa che si occupa di riciclo di inerti provenienti dall'edilizia e Marcello Cruciani dell'ANCE.
L'associazione ambientalista ricorda che in Italia a dettare le regole per l'attività estrattiva è ancora un Regio Decreto del 1927, le Regioni, alle quali sono stati trasferiti i poteri in materia nel 1977, non prestano la dovuta attenzione alla materia, mentre le entrate degli enti pubblici dovute all'applicazione dei canoni sono minime in confronto al volume d'affari del settore.
Infatti, solo dalla vendita di sabbia e ghiaia (i materiali di minor pregio) i cavatori ricavano circa 1 miliardo e 115 milioni di euro l'anno che però fruttano alle Regioni neanche 36 milioni di euro di canoni di concessione.
In media nelle Regioni italiane si paga il 4% del prezzo di vendita degli inerti, e in alcune come Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna si cava addirittura gratis. 
Legambiente segnala come particolarmente preoccupanti le situazioni di Veneto, Abruzzo, Molise, Sardegna, Calabria, Basilicata, Campania, Friuli Venezia Giulia e Piemonte, tutte Regioni che non hanno un Piano Cave in vigore.
Per uscire da questa situazione, accanto a nuove regole, occorre puntare sull'innovazione perché l'attività estrattiva può diventare, come negli altri Paesi europei, un settore di punta della green economy che può fare a meno di cave puntando sul recupero degli inerti provenienti dall'edilizia. In pochi anni è possibile raggiungere risultati rilevantissimi attraverso l'obbligo di utilizzare materiali provenienti dal riciclo degli inerti edili da utilizzare al posto di quelli provenienti da cava per infrastrutture e costruzioni, visto che oggi hanno prestazioni assolutamente identiche. Basti dire che mentre da noi siamo ancora al 10% di materiali riciclati provenienti dall'edilizia, in Germania si arriva all'86,3 % (erano al 17 nel 1999), in Olanda al 90%, in Belgio all'87% e la Francia in 10 anni è passata dal 15% al 62,3%. 
Per una cava da 100mila metri cubi l'anno gli addetti in media sono 9 mentre per un impianto di riciclaggio di inerti della stessa dimensione gli occupati sono più di 12. Per Legambiente l'Italia in poco tempo può recuperare questo ritardo, che fa arricchire solo la lobby del cemento, scegliendo di seguire la strada intrapresa dai Paesi europei che intorno a una moderna gestione delle attività estrattive hanno creato un settore economico capace di legare ricerca e innovazione nel recupero dei materiali. 
In Danimarca dove da oltre 20 anni ci si è posti il problema di come ridurre le estrazioni da cava e promuovere il recupero dei rifiuti da costruzione e demolizione, si arriva a far pagare 50 euro a tonnellata per il conferimento in discarica degli inerti, ossia 5 volte quanto si paga in media in Italia. Un meccanismo questo, che ha funzionato visto che oggi si fa ricorso per il 90% ad inerti riciclati invece che di cava.
Nel già citato Regno Unito il canone di concessione è più di 6 volte quello richiesto in media in Italia. Legambiente chiede quindi di adeguare, in tutte le Regioni, il canone al prezzo medio che si paga oggi nel Regno Unito per l'attività di cava, ossia il 20%. In questo modo, solo considerando sabbia e ghiaia, secondo un semplice calcolo si potrebbero ottenere risorse pari a quasi 268milioni di Euro, rispetto agli attuali 36 milioni di Euro. In Lombardia si passerebbe da 7milioni di Euro a 48, nel Lazio da 4,7 a 47, in Piemonte da 5 a 33, mentre in Puglia si avrebbero nuove entrate per 22milioni di Euro, in Sardegna per quasi 17milioni.

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Pubblicato il: 06/07/2011

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