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Giappone, scende la tensione, i media si allontanano

Niente disastro nucleare in Giappone e l'incidente all'impianto di Fukushima Daiichi lascia le prime pagine dei giornali. Sostituito dalla nuova emergenza, la guerra in Libia.

Franco Cavalleri

Le regole dell'informazione sono ferree: per quanto grande sia, un evento non può tenere le prime pagine per troppo tempo, pena un senso di stanchezza del pubblico e, quindi, il rischio di perdere lettori, ascoltatori, visitatori – secondo che si tratti di un media tradizionale, su carta, di un telegiornale o radiogiornale, o, ancora, di un sito web. E se cade l'audience, cadono anche le inserzioni pubblicitarie: che sarebbe come staccare la corrente elettrica al giornale.
Ecco quindi che la guerra in Libia è arrivata al momento giusto, per fornire un nuovo argomento e sostituire quello dell'incidente nucleare di Fukushima Daiichi, ormai in via di soluzione senza che si sia verificato il 'vero' incidente nucleare: nessuna seconda Chernobyl, insomma.
È il momento della razionalità e della ragione.
Cosa è veramente successo in Giappone, la situazione è davvero arrivata al limite dell'incidente nucleare? Le radiazioni emesse sono davvero arrivate al punto di essere dannose per l'uomo?
Le fonti più importanti e scientificamente valide sono l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (IAEA) il Nuclear Energy Institute (NEI) e il MIT Department of Nuclear Science and Engineering (MIT). Se il primo è un'emanazione della politica internazionale, e quindi in qualche modo influenzato dagli equilibri tra Stati - ma la sua affidabilità è comunque elevatissima – gli altri due sono istituzioni squisitamente scientifiche e di altissimo prestigio.
Il NEI dice che "le dosi delle radiazioni all'impianto nucleare di Fukushima Daiichi continuano a scendere". Quali sono le dosi misurate dai tecnici giapponesi e internazionali intervenuti? Il 18 marzo sono stati registrati livelli da 1 a 3 millirem/ora nelle zone immediatamente circostanti la centrale. In un raggio compreso tra i 30 ed i 60 chilometri dall'impianto sono state effettuate altre 18 misurazioni, con livelli che raggiungevano al massimo i 14 millirem/ora.
Si tratta di numeri decisamente inferiori a quelli rilevati nei giorni precedenti: gli scienziati se lo aspettavano, in quanto i radionucledi rilasciati nel corso delle operazioni per il controllo della pressione nei diversi reattori coinvolti nell'incidente erano a vita breve, alle volte anche di soli pochi minuti. Ricordiamo che 1 millirem significa che per ricevere la dose di 1 rem occorrono 1000 ore di esposizione continua. Per fare un raffronto, negli USA la dose limite sul posto di lavoro è 10 rem, che corrispondono ad un'esposizione continuata di 10000 ore – più di tredici mesi... I
l tanto temuto meltdown, la fusione del nucleo del reattore che avrebbe caustao la contaminazione di una vasta area intorno alla centrale, non si è verificato.
Lars-Erik De Geer, Research director allo Swedish Defence Research Institute di Stoccolma, ritiene che i dati raccolti indichino elevate quantità di iodio e cesio, isotopi radioattivi volatili, ma anche di un gas nobile, lo xenon. In ogni caso, fino ad adesso non risultano elevate quantità di elementi come zirconio e bario, indicatori di un eventuale meltdown. A Chernobyl, questi due elementi vennero rilasciati in grande quantità.
L'assenza di rilevamenti di zirconio e bario indica anche che non si è verificato un incendio delle barre di carburante (burning fuel rods o fuel rod fire, in termini tecnici). Quanto successo sembra piuttosto addebitabile al rilascio controllato di gas radioattivi per limitre e controllare la pressione all'interno dei reattori ed evitare, quindi, il rischio di un'esplosione e di un meltdown. Veniamo all'IEAE.
L'Agenzia ha effettuato il monitoraggio in sette differenti punti di Tokyo e delle Prefetture di Kanagawa e Chiba. Le dosi rilevate sono nettamente inferiori a quelle ritenute pericolose per la salute umana. In alcne loalità i tecnici giapponesi hanno rilevato la presenza di isotopi di Iodio-131 e Cesio-137 nel terreno: questo ha implicazioni per l'agricoltura e per la produzione di cibo. IAEA e FAO, l'agenzia delle Nazioni Unite per la sicurezza alimentare, stanno verificando con le autorità giapponesi quali misure adottare nelle aree interessate.
Per quanto riguarda l'altro impianto presente nella zona di Fukushima (a Daini), non risultano essersi verificati incidenti o rilasci di elementi radioattivi. Gli elevati livelli di radiazione in quella zona sono attribuibili a quanto verificatosi all'impianto di Daiichi. Una situazione tutto sommato ben lontana dal temuto disastro nucleare, insomma. 


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Pubblicato il: 21/03/2011

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