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Dove va l'Europa dell'energia?

Le ultime settimane hanno visto diversi dei paesi della UE prendere o annunciare nuovi piani di sviluppo per il comparto dell'energia. Il quadro che ne risulta è un'Unione Europea dove le differenze di cultura, politica, economia, visioni del futuro sono più che numerose. La parola d'ordine, in tutto questo, sembra essere 'alla larga dal petrolio'.

Franco Cavalleri

Le ultime settimane hanno visto diversi dei paesi dell'Unione Europea prendere o annunciare nuovi piani di sviluppo per il comparo dell'energia. Un insieme di mosse annunciate o fatte che sembrano dare l'impressione di un continente che si muove su linee parallele, quando non divergenti.
Il quadro che ne risulta è un'Unione Europea dove le differenze di cultura, politica, economia, visioni del futuro sono più che numerose. E spesso le carte si mischiano e rimischiano, con schieramenti politici ed economici flessibili, che cambiano e si modificano secondo le necessità del momento.
La parola d'ordine, in tutto questo, sembra essere "alla larga dal petrolio". Dal petrolio, ma non dal fossile: gas naturale e metano – più il primo che il secondo per la verità. Il consumo di metano, di fatto, è limitato alla sola Italia – pur essendo a loro volta di origine fossile offrono il vantaggio di un minore contenuto di COx e NOx. Promettono, quindi, un maggiore rispetto per l'ambiente. Almeno per quanto riguarda l'aria che respiriamo. Il metano, però, è un gas serra (GHG), anzi, il gas serra per eccellenza, insieme al vapore acqueo. Il suo utilizzo è quindi limitato, oltre che per motivi di diffusione, dalla necessità di rispettare i limiti di emissione di GHG nell'atmosfera.
Le diverse fonti di energia offrono altrettante possibilità non solo di sviluppo tecnologico ma anche di posizionamento dell'Europa nel quadro della politica internazionale. Vediamole brevemente.

[tit:Politica e tecnologia: le diverse prospettive]Il petrolio è in mano ai Paesi arabi, e questi sono così inaffidabili – come ampiamente dimostrato dai primi anni Settanta in avanti – da rendere necessario staccarsi dai loro giacimenti. Questo sarebbe valido in ogni caso, anche non ci fossero tutti i problemi ambientali che il petrolio comporta, in tutti i suoi processi, dall'estrazione alla raffinazione al trasporto alla distribuzione. Troppo spesso il petrolio è stato usato come arma di ricatto politico ed economico.
Lo stesso, in realtà, si può dire per quanto riguarda il gas naturale: il ruolo politico ed economico di questa fonte di energia è dimostrato chiaramente dalle  guerre del gas tra Russia ed Ucraina, che hanno messo in crisi l'Unione Europea più volte. Anche in questo caso, dunque, la saggezza politica vorrebbe che non si andasse oltre un certo limite nel legarsi a questa fonte di energia.
La Russia, peraltro, è Paese sicuramente più stabile rispetto a quelli arabi, e ha legami economici e culturali molto più stretti con l'Europa, della quale rappresenta, in ogni caso, l'estensione verso l'Asia.

[tit: Il vento ed il sole]Dopo un'attesa durata sette anni, l'Italia ha finalmente rilasciato le linee guida per le fonti alternative, eolico e solare indifferentente. La Germania ha presentato un piano per lo sviluppo delle fonti alternative, e così ha fatto anche la Francia. In entrambi i casi, peraltro, l'accoglienza ricevuta dai due provvedimenti non si può certo definire trionfale, soprattutto al di là delle Alpi.
Danimarca, Regno Unito, Olanda hanno dichiarato la volontà di procedere sulla strada dell'energia eolica off-shore, ovvero con impianti costruiti sul Mare del Nord, per approfittare delle migliori condizioni di vento e per evitare ricorsi e controricorsi da parte di comitati di cittadini che mal gradiscono la vicinanza degli enormi (fino a 140 metri d'altezza) rotori. La Spagna, dopo anni di forte sviluppo sia nell'eolico che nel solare, che l'avevano portata ai primi posti della classifica mondiale nel campo delle nergie alternative, segna il passo. Anzi, è praticamente ferma, a causa della crisi economica che è diventata finanziaria ed è a un passo dal diventare politica. I primi segni della crisi nelle energie non fossili, nel paese iberico, si erano manifestati già l'anno scorso, quando il governo iberico aveva cancellato gli incentivi che avevano spinto il settore del fotovoltaico.
L'eolico, a dispetto del suo essere alternativo al petrolio, pone problemi ambientali molto grossi. La resa per superficie è molto bassa, servono grandi estensioni di pali e di eliche per raccogliere una quantità di energia relativamente elevata. Per ovvii motivi, le pale devono essere poste in posizioni elevate o comunque aperte: grandi pianure, creste di montagne e colline, coste e scogliere: tutti punti sensibili per quanto riguarda il paesaggio. Difatti, la grandi accusa che viene mossa all'eolico è di rovinare il paesaggio.
A parte i problemi estetici, in un continente altamente popolato come l'Europa, trovare gli spazi necessari per installare questi mulini del ventunesimo secolo non è impresa facile. Certo, la penisola iberica e la Grecia offrono intere regioni poco abitate, e con buona se non ottima esposzione ai venti, teoricamente ideali per ospitare file di pale eoliche. Siamo, però, all'estrema 'periferia dell'impero', per così dire. Ovvero, i grandi consumatori di energia sono altrove, in Italia, Francia, Germania, Benelux, isole britanniche. E, per essere ancora più precisi, sono tre le principali zone di consumo: la pianura padana, con le industrie di Milano e Torino; l'Inghilterra, con Londra, Liverpool, Manchester; ed infine tutta quella fascia dell'Europa centrosettentrionale che parte dalla zona di Calais, sulla Manica, comprende Belgio, Olanda, le regioni settentrionali della Francia, la Ruhr, la Renania, le antiche città della Lega Anseatica sul Mar Baltico, e scende fino a Stoccarda e Monaco di Baviera.
Siamo dall'altra parte rispetto a penisola iberica e Grecia, puntare sullo sviluppo dell'eolico in quelle due regioni vorrebbe dire poi essere costretti a realizzare migliaia di chilometri di reti di trasporto e distribuzione, con il forte rischio – se non la sicurezza – di perdere grandi quantità di energia per strada.
Di fatto, l'eolico ha un carattere di complementarietà, di produzione e consumo localizzati: mal si adatta ad una produzione in grande stile, in quantità tali da soddisfare intere regioni. Un aspetto che caratterizza in misura ancora superiore l'altra grande fonte alternativa, il solare o fotovoltaico.
Anche nel caso dell'energia fotovoltaica, come per l'eolico, per produrre quantità relativamente piccole servono grandi estensioni di terreno. È però possibile, al contrario di quanto capita con l'eolico, utilizzare qualunque punto con sufficiente esposizione solare per produrre quantità anche piccole di energia da consumare localmente. Il fotovoltaico, in altre parole, può essere facilmente integrato anche in ambito urbano, semplicemente installando pannelli solari sui tetti, nei cortili, o su qualunque superficie esposta al sole. Addirittura, gli stessi palazzi potrebbero diventare produttori di energia, grazie a tecnologie già esistenti che permettono di integrare i pannelli solari con i muri esterni, i serramenti, le parti comuni degli edifici.
Il fotovoltaico, dunque, non necessita di grandi strutture per la raccolta, il trasporto e la distribuzione dell'energia prodotta. È un settore localizzato per definizione, quasi anarchico. Potenzialmente in grado di sottrarsi al controllo delle grandi aziende dell'energia (uno dei grandi motivi che ne impediscono il decollo definitivo).

[tit: Il nucleare]Il grande incubo. Chernobyl. Three Mile Island. L'inverno nucleare, le radiazioni, le mutazioni. Migliaia tra film e libri a descrivere il giorno dopo. È vero, il nucleare è pericoloso. Anche il trasporto di gas lo è, come ha purtroppo dimostrato la tragedia di Viareggio.
I contro del nucleare, li conosciamo tutti: i pericoli di una perdita, un incidente o un attentato, il problema delle scorie radioattive. Quanti conoscono i pro, i fattori che vanno a vantaggio di una scelta per il nucleare?
Cominciamo con il dire che il nucleare esiste già. L'Europa è percorsa da una rete di centrali per la produzione di energia dall'atomo che va dalla Francia alla Svizzera, dalla Germania alla Repubblica Ceca, e arriva al Mar Nero attraverso Ungheria, Slovenia, Romania e Bulgaria. Molti di questi impianti (quelli dei paesi ex-comunisti) sono obsoleti e da smantellare. Francia, Germania, Svizzera e Slovenia, però, dispongono di centrali up-to-date, aggiornate, ben funzionanti, in grado di andare avanti ancora diversi anni se ben manutenute. Il nucleare è un settore ad altissima tecnologia, che se ben sviluppato è in grado di assicurare una posizione di forza sullo scacchiere della politica internazionale.
L'Europa potrebbe ben trovarsi, da paese importatore di energia, a paese esportatore. Una scelta che presuppone una politica internazionale forte, che l'Unione Europea al momento non ha, e nemmeno mostra qualche segno di volere o potere sviluppare.

[tit: Conclusioni] Questo il panorama generale. Difficile, in queste condizioni, aspettarsi scelte decise a favore di una fonte di energia rispetto alle altre: difficile, perché da tutti i punti di vista, politico, economico, finanziario, tecnologico e culturale, le differenze ci sono e non possono essere cancellate.
L'iniziativa, in materia di energia, spetta all'Unione Europea, ma solo per quanto riguarda i parametri principali e gli obiettivi di risparmio energetico e di emissioni inquinanti. Ogni singolo Stato Membro, poi, ha facoltà di decidere quale strada seguire per arrivare al traguardo comune. La scelta più probabile, anzi praticamente sicura, è che si vada avanti con il mix di fonti di energia che possiamo 'ammirare' oggi.



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Pubblicato il: 14/10/2010

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