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Studio Enel evidenzia i vantaggi del ritorno al nucleare

Secondo lo Studio presentato da Enel al Workshop Ambrosetti, tornare al nucleare può comportare, per l'Italia, numerosi vantaggi: ambientali ed economici, prima di tutto, ma anche una ricaduta positiva sulla sicurezza energetica generale del paese e la possibilità di attuare una politica meno dipendente da forniture dall'estero.

Redazione GreenCity

Tornare al nucleare può comportare, per l'Italia, numerosi vantaggi: ambientali ed economici, prima di tutto, ma anche una ricaduta positiva sulla sicurezza energetica generale del paese e la possibilità di attuare una politica meno dipendente da forniture dall'estero. Sono i risultati di uno studio condotto dall'Enel, in collaborazione con numerose istituzioni universitarie e laboratori di ricerca, sulla costruzione di nuove centrali nucleari in Italia e presentato domenica durante l'ultima giornata del the European House - Ambrosetti a Cernobbio.
In complesso, sono almeno quattro le ragioni che, secondo l'azienda energetica, spingono verso un ritorno all'energia dell'atomo:
1) costi di generazione elettrica più bassi e stabili;
2) abbattimento delle emissioni di carbonio;
3) aumento dell'occupazione grazie agli investimenti per la realizzazione degli impianti
4) maggiore sicurezza del sistema energetico nazionale prodotta da un'accentuata diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico.

L'introduzione di una quota del 25% di nucleare nel mix di generazione elettrico permetterebbe di abbattere le emissioni di CO2 e di ridurre e stabilizzare il costo di generazione. L'Enel prevede minori emissioni, nell'arco di dieci anni (2020-2030) nell'ordine di 236-381 milioni di tonnellate di CO2, secondo lo scenario di riferimento. Il risparmio nella generazione di energia ammonterebbe tra i 43 ed i 69 miliardi di euro.
Per quanto riguarda l'occupazione, l'azienda energetica vede la possibilità di creare circa 12mila posti di lavoro, tra diretti ed indiretti, per ogni unità nucleare.
Il nucleare, infine, permetterebbe al nostro paese di spezzare la catena che la lega alle forniture dall'estero: oggi, l'Italia importa l'86% del suo fabbisogno di energia primaria. Il maggior importatore di energia al mondo (non certo un primato di cui andare fieri). I combustibili fossili - con tutti i problemi che comportano dal punto di vista ambientale e della salute pubblica - rappresentano il 75% del mercato. Per quanto riguarda la generazione elettrica, l'Italia ha oltre il 60% (la media UE è del 27%) dell'elettricità prodotta da gas, petrolio e derivati, fonti che alterano il clima e sono costose e volatili. In complesso, l'Italia dipende per quasi il 90% dall'estero, ed è ache l'unico paese del G8 a non disporre di energia nucleare. Un sistema che comporta costi, per aziende e famiglie, 25-35% più elevati rispetto agli altri paesi dell'Unione Europea.

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Pubblicato il: 06/09/2010

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