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Puglia e fonti rinnovabili

Puglia e fonti rinnovabili. Una nota dell'assessore alla Qualità dell'Ambiente,Lorenzo Nicastro, sui rischi che la realizzazione di grandi impianti può prefigurare per il territorio pugliese, anche se questi sfruttano fonti rinnovabili.

Redazione GreenCity

L'estate in corso, che vede la Puglia, per il secondo anno consecutivo, sbaragliare tutta la concorrenza ed attestarsi al primo posto nelle scelte turistiche degli italiani e di moltissimi europei, rischia di essere ricordata, anche, come l'estate dei progetti faraonici (alcuni presentati, altri solo in animo di essere presentati, ma già annunciati) che la Puglia si accingerebbe ad ospitare sul proprio territorio.
Parliamo di progetti per la realizzazione di impianti fotovoltaici della potenza di svariate centinaia di megawatt, quelli che sfruttando la solarizzazione favorevolissima del nostro territorio, consentono di produrre energia pulita sfruttando una fonte rinnovabile, il sole e la sua luce.
E' indubitabile che quando le dimensioni degli impianti che si intendono realizzare, impegnano porzioni sempre più consistenti di territorio, bisogna farsi guidare, nella fasi di valutazione ed autorizzazione dei progetti, dall'unica bussola che può indicarci la rotta da seguire: l'art. 11 dello Statuto della Regione Puglia, che prevede che la Regione incentivi lo sviluppo sostenibile dell'economia pugliese, nel rispetto dell'ambiente.
Apparentemente tutto facile, ma così non è.
Il filo che lega le "tre E" della vita, Energia, Economia ed Ecologia, diventa sottilissimo quando in gioco ci sono non solo le ragioni dello sviluppo economico, ma, anche, la visione complessiva che la nazione-regione ha sul significato di stare tutti insieme, e bene, sul proprio territorio.
Studi sociologici recentissimi, mettono in guardia dal rischio di possibili cortocircuiti, dall'impatto sociale, prima ancora che ambientale, devastanti.
L'idea, largamente condivisa, che sostenibilità sociale e sostenibilità ambientale, vadano oggi di pari passo, deve indurci a riflettere una volta di più sulla valenza di autentico gradiente sociale ormai riconosciuta all'ambiente, e quindi sulle conseguenze, in termini di assetto, delle scelte politiche che hanno ad oggetto il contemperamento delle diverse ragioni dello sviluppo economico, della sostenibilità ambientale e di quella sociale.
Il gradiente sociale misura l'incidenza di determinate patologie, al variare del differenziale di reddito disponibile, o di status ricoperto nell'ambito di una comunità.
Riconoscere che l'ambiente e la sua qualità, concorrono concretamente a fare stare bene sul proprio territorio, significa dare attuazione sia al programma contenuto nell'art. 32 della Carta Costituzionale, che tutela il diritto alla salute, sia, per quello che abbiamo già detto, al programma contenuto nell'art. 11 del nostro Statuto regionale.
Lo sviluppo sostenibile (che deve tenere in conto quale pianeta consegneremo alle future generazioni) la sostenibilità sociale e quella ambientale, hanno, dunque, tutti la stessa natura: sono beni sociali.
I beni sociali si caratterizzano per il loro possesso diffuso, sono ricchezza universale, sono beni che appartengono a tutti, che ci appartengono come abitanti del pianeta.
Possiamo accettare l'idea che la ricchezza in senso convenzionale sia monopolio di pochi nel mondo. I beni sociali, al contrario, devono restare inalienabili e non negoziabili, perché patrimonio dell'umanità intera.
Su questo occorrerà tenere alta la soglia di attenzione, altrimenti, il rischio concreto è che lo sviluppo divenga ostaggio del pensiero unico dominante, che è poi il pensiero economicamente forte, il solo che possa tracciare i confini del sostenibile, il solo che possa determinare cosa può farci stare bene.

di Lorenzo Nicastro, assessore alla Qualità dell'Ambiente della Regione Puglia


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Pubblicato il: 18/08/2010

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